SANITÀ E SALUTE: ABSTRACT E PROVVEDIMENTI DI AULA PER UNA RIFORMA SANITARIA LIBERALE CON RESPONSABILITÀ SOCIALE, SE POSSIBILE CHIEDENDO MENO SOLDI PER LA SANITÀ
di
Michele Usuelli Consigliere regionale, radicale e altro, eletto in “+Europa con Emma Bonino” in Lombardia e medico di terapia intensiva neonatale.
Il dossier nasce:
– da 16 anni di lavoro in terapia intensiva neonatale in diversi ospedali italiani, sempre nel pubblico, 7 dei quali alla Mangiagalli di Milano;
– da 16 mesi di lavoro in consiglio regionale della Lombardia in cui mi sono occupato principalmente di sanità;
– dalla conoscenza di sistemi sanitari di diversi paesi poveri e/o in guerra dove ho lavorato per 7 anni della mia vita;
Questo contributo mette in fila idee, già trasformate in un linguaggio della politica da provvedimenti che ho presentato in Commissione Sanità ed in Aula, (salvo eccezioni che sono specificate) approvati (i testi dei provvedimenti sono reperibili ai link in calce ai paragrafi).
Con tutti la squadra del gruppo consiliare e la partecipazione eccezionale (eccezionale veramente) del Prof. On. Marcello Crivellini e di tanti colleghi medici, ostetriche, infermieri e operatori sanitari che mi hanno concesso le loro opinioni.
INDICE
1. Human resources. Il personale medico
2. Equipaggiamento, farmaci e tecnologie sanitarie
4. Fascicolo sanitario elettronico nazionale, software houses e medicina – tempi attesa
Conclusioni. La madre di tutte le battaglie: nomine in sanità’: direttori, primari, autority.
PREMESSA
Propongo un cambio di paradigma. L’obiettivo di una riforma sanitaria non deve mai essere aumentare o ridurre i costi. Il primo obiettivo è sempre quello dell’aumento della sicurezza del percorso di cura. La prima sfida è capire se ciò si possa ottenere con una riduzione dei costi. È implicito nel mandato di un partito che ritiene prioritario ridurre la spesa pubblica, 120 miliardi l’anno su sanità.
Ciò è necessario per mantenere in vita e migliorare il sistema universalistico di welfare che abbiamo, e per creare sviluppo economico per il paese a partire dalla sanità, una delle migliori al mondo, nonostante la molto migliorabile regia della politica centrale e la gestione regionale che ha ulteriormente accentuato la disparità di offerta sanitaria sul territorio nazionale.
Le scelte di governo della sanità devono essere guidate da una sola motivazione: il miglioramento del livello di salute.
Questa premessa non è così ovvia come appare; nei fatti molte delle scelte assunte (anche rilevanti) rispondono più ad esigenze interne alla sanità che a motivazioni di miglioramento della salute della popolazione o di gruppi di essa.
In altre parole, sotto la spinta di operatori sanitari organizzati, aziende sanitarie, aziende produttrici di dispositivi e servizi, interessi del vasto mondo dell’indotto, molte decisioni di spesa e di allocazione delle risorse sono influenzate da soggetti interessati al proprio sviluppo o al mantenimento della propria posizione più che da motivate, documentate o dimostrabili vantaggi di salute.
Ciò non è tipico solo del mondo sanitario, ma di tutti i sistemi di grandi dimensioni. Nei paesi industrializzati la sanità è uno dei settori più grandi per risorse assorbite (mediamente il 9% del PIL, con paesi che arrivano all’11-12% e gli USA al 17%), numero di occupati, complessità di organizzazione, impatto sociale e impatto politico-elettorale.
Dunque, è bene che tra più scelte di politica sanitaria venga adottata quella che persegue maggiori vantaggi in termini di salute.
Esiste un giusto livello di spesa sanitaria e quale è il suo valore?
Le evidenze sperimentali mostrano che per paesi che spendono ancora poco in sanità un suo aumento può ragionevolmente produrre un consistente aumento di salute, mentre per i paesi che già spendono sopra una certa soglia (paesi ricchi, industrializzati) aumentare ulteriormente la spesa sanitaria non garantisce un aumento di salute. Per questi ultimi ha molto più senso concentrarsi sul miglioramento di quanto già si spende. A tale conclusione si arriva sia osservando i valori spesa sanitaria/salute per tutti i paesi del mondo, sia osservando le conclusioni di alcuni modelli e studi in proposito (ad esempio il modello Dea dell’OECD). Il valore di spesa sanitaria al di sopra del quale non si ottengono più significativi risultati appare essere di circa 2500$ USPPP (dollari statunitensi a parità di potere di acquisto) pro capite.
Per fare degli esempi concreti è bene osservare i dati di Tabella 1 ove vengono confrontati spesa e salute di alcuni paesi simili all’Italia per sviluppo (dati OECD, Health Statistics 2017, riferiti al 2016).
Tab. 1 – Spesa sanitaria e salute per alcuni paesi, 2016
Paese | Spesa sanitaria(pro capite in US$PPP) | Spesa sanitaria(in % sul PIL) | Aspettativa di vitaalla nascita (in anni) |
Italia | 3.391 | 8,9 | 82,6 |
Germania | 5.551 | 11,3 | 80,7 |
Francia | 4.500 | 11 | 82,4 |
USA | 9.892 | 17,2 | 78,8 |
Regno Unito | 4.192 | 9,7 | 81 |
Spagna | 3.248 | 9 | 83 |
Oltre un certo livello di spesa il livello di salute tende a saturarsi e guadagni di salute possono meglio ottenersi con un affinamento dei criteri di spesa e agendo su altri determinanti.
L’aumento dell’aspettativa di vita nello scorso secolo è aumentata, come mai nella storia dell’uomo, e ha variato considerevolmente la composizione della popolazione per classi di età trasformando la piramide demografica (1950) in una botte (2020) e poi (2050) in un cilindro.
Fonte: PopulationPyramid.net
Se la sfida è migliorare salute e percorso cura spendendo meno soldi dei contribuenti, ogni eventuale riallocazione da risparmio o aumento del Fondo Sanitario Nazionale deve essere legato ad obiettivi specifici dichiarati e quantificabili: ad esempio estensione di servizi pubblici in settori quali quasi solo in mano al privato a pagamento: oculistica, odontoiatria, salute mentale e cure per cronicità e disabilità. Queste ultime sono le parenti povere del sistema. La soluzione per il settore assistenza per gli anziani si basa sulle badanti (il cui numero è maggiore di quello degli infermieri) con onere a carico delle famiglie.
Evitiamo che aumenti indistinti Fondo Sanitario Nazionale servano solo a mantenere gli attuali difetti rinviandone il superamento.
1. IL PERSONALE MEDICO
ABSTRACT: CARENZA MEDICI? IN ITALIA PIÙ REPARTI CHE CAMPANILI
Premessa.
Nel tuo documento parli di diminuzione ed invecchiamento della classe medica. Vero. Ma quando dici che ne mancano, manca uno standard di riferimento. Il sito indexmundi.com mostra il dato a livello mondiale: tra i paesi europei, il primato è della Grecia, 6,26 medici ogni 1000 abitanti, secondo il Portogallo. Noi ne abbiamo 3,95 ogni 1000 abitanti (la Germania 4,1), più di Francia, Belgio, Finlandia e Gran Bretagna.
Materiali e metodi.
Nel mondo viene considerata adeguato un numero di posti letto ospedalieri tra i 18 e 39 ogni 10,000 abitanti a seconda del livello di ricchezza del paese. (Service Availability and Readiness Assessment (SARA) © World Health Organization 2015). In questo indicatore l’Italia ha messo in atto negli ultimi decenni un percorso virtuoso che ci porta a 34 su 10,000. Il trend di calo nei posti letto italiani (106 nel 1975, 65 nel 1996, 40 nel 2004 e 34 nel 2012) mostra un allineamento con i migliori sistemi sanitari mondiali: Canada 27, Regno Unito 28, Stati Uniti 29, Spagna 30, Israele 31, Islanda 32, Australia 38, Norvegia 39 (dati worldbank.org).
Di contro “l’Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale -Assetto organizzativo, attività e fattori produttivi del SSN – Anno 2017”, mette in evidenza la modestissima riduzione della razionalizzazione delle reti ospedaliere che determinano la riconversione e l’accorpamento di molte strutture: il numero delle strutture pubbliche diminuisce del 2,0%, quello delle strutture private accreditate si riduce dell’1,7%.
Risultati.
Da questi numeri emerge che abbiamo più o meno lo stesso numero di ospedali e sempre meno posti letto. Quindi reparti sempre più piccoli: i reparti piccoli rendono difficile il lavoro di medici ed infermieri:
- equipe mediche piccole: se uno si rompe una gamba nessuno può andare in ferie (semplifico). Condizioni di lavoro non adeguate e solitudine stressante;
- medici anche giovani troppo spesso di guardia da soli non solo di notte ma anche nei turni mattino e pomeriggio;
- reparti poco allenanti: se vi è un’emergenza o una situazione piuttosto rara è per i medici di difficile gestione se lavorano in reparti piccoli che vedono pochi casi.
Conclusioni.
La riduzione del numero dei reparti, con accorpamenti è un percorso delicato da affrontare come un restauratore di fronte ad una grande opera, ma possibile e necessario per migliorare la sicurezza del percorso cura, le condizioni di lavoro del personale e con la possibilità di razionalizzare i costi. Il personale sanitario è nella stragrande maggioranza favorevole. I cittadini sono pronti, molti fanno già il percorso di andare più lontano da casa se la qualità della cura è migliore. Moltissimi altri cittadini lo potrebbero capire se politici e medici si confrontassero con loro per spiegare e trovare insieme i servizi compensatori (ad esempio mettendo in campo energie per il trasporto andata e ritorno verso l’ospedale). Accorpamenti in rete con HUB e SPOKE.
2 esempi di scuola:
- MOZIONE N.0008 CONCERNENTE I FOLLOW UP DEL NEONATO AD ALTO RISCHIO (testo approvato a questo link)
- ORDINE DEL GIORNO N.0332 CONCERNENTE LA STRATEGIA PER LA RIDUZIONE DELLA MORTALITÀ NEONATALE IN LOMBARDIA (testo approvato a questo link)
In quest’ultimo si sviluppa il concetto che accorpando è possibile che gli HUB abbiano macchinari e strumentazioni per competere con i migliori reparti al mondo.
Focus. ODG 0332.
L’ORDINE DEL GIORNO CONCERNENTE LA STRATEGIA PER LA RIDUZIONE DELLA MORTALITÀ NEONATALE IN LOMBARDIA ha per oggetto la richiesta di chiusura almeno dei punti nascita con meno di 2 parti al giorno, con la compensazione di copertura su base regionale e non solo montana del servizio di elisoccorso trasporto neonatale di emergenza da affiancare a quello esistente su ambulanze. Questo tipo di razionalizzazione permette non solo di migliorare la gestione alla nascita del neonato grave, ma anche di strutturare in maniera virtuosa servizi molto costosi e ad alta tecnologia rendendoli disponibili a tutti i cittadini, ad esempio il centro regionale neonatal Extra-Corporeal Membrane Oxygenation (ECMO). Ad oggi, non avendo questa razionalizzazione, tra l’altro, il centro ECMO fa poche ECMO, è poco cost effective e migliora troppo lentamente la esperienza delle equipe. Con questo schema si garantisce il diritto dei medici e pazienti all’utilizzo delle tecnologie più costose ed eccellenti senza spese insostenibili, massimizzando l’utilizzo.
Accanto all’accorpamento dei reparti per acuti, l’aumento della percentuale di popolazione anziana (sopra i 65 anni) e molto anziana (sopra gli 85 anni, i cosiddetti grandi vecchi) determina la diminuzione delle patologie “acute” di giovani e adulti, aumentano quelle croniche e legate a forme di disabilità tipiche dell’età avanzata (fisiche e cognitive). Tutto ciò ha un impatto sul dimensionamento dei servizi sanitari: significa attrezzarsi con professionalità parzialmente diverse e attuare un’opportuna conversione di strutture e servizi che tenga conto delle nuove esigenze di salute e di cura legate all’evoluzione della demografia. Farlo con ritardo significa anche curare peggio e spendere di più. Infatti, molte situazioni di cronicità e di disabilità richiedono strumenti di cura meno ospedalieri (meno ricoveri), o ricoveri in ospedali a minor impatto tecnologico tipo i POT (Presidi Ospedalieri Territoriali a basso livello di tecnologia, dove si può ricoverare la notte pazienti non acuti), per ottenere una maggiore integrazione tra ospedale e territorio.
Ai POT si devono affiancare i PreSST (Presidio Sociosanitario Territoriale che integra i medici di medicina generale consorziati con servizi di diagnostica e laboratoristici di base) per aumentare e migliorare l’offerta ambulatoriale multidisciplinare in una ottica di riforma del comparto dei medici di medicina generale. Infine, occorre potenziare l’assistenza domiciliare: tali strumenti sono più idonei alla cura degli anziani e meno costosi del ricovero ospedaliero classico, tipico delle cure per acuti. Se gli anziani (disabili e cronici) vengono curati con gli stessi “strumenti” degli acuti (negli ospedali polispecialistici per acuti) l’aumento di spesa è inevitabile, ma ciò è riconducibile ad un dimensionamento e ad un uso non appropriato delle strutture sanitarie.
Si propone di aumentare l’allocazione delle risorse economiche destinate al settore della cronicità-disabilità abbassando contestualmente l’attuale percentuale ufficiale (44%) destinata all’assistenza ospedaliera di un punto l’anno nel corso della legislatura (arrivando al 40%); in tal modo il settore cronicità-disabilità potrà disporre di quasi cinque miliardi di euro in più l’anno.
1.1 IL PERSONALE NON MEDICO: OSTETRICHE E LAUREATI IN SCIENZE INFERMIERISTICHE E OPERATORI SANITARI.
Il numero di infermieri e operatori sanitari (OS) è invece certamente inadeguato: il rapporto infermieri/medici invece di essere di uno a tre come indicato a livello internazionale, crolla a volte fino a sfiorare la parità (1:1), non garantendo un adeguato impegno assistenziale (Fonte, ISTAT, 2018).
Il tema non è solo l’investimento quantitativo in risorse umane, ma anche il Task shifting verso maggiori competenze di ostetriche e laureati in scienze infermieristiche e OS.
1 esempio di scuola:
- ORDINE DEL GIORNO N.0424 CONCERNENTE LE COMPETENZE OSTETRICHE NELL’AMBITO DEL PERCORSO ASSISTENZIALE DELLA GRAVIDANZA FISIOLOGICA (testo approvato a questo link)
1.2 IL PERSONALE NON MEDICO: I MEDICI SPECIALIZZANDI
Formazione degli specializzandi: la valorizzazione della autonomia regionale deve passare da riforme innovative, sperando che altre regioni copino e il Governo modernizzi. Servono curricula nazionali o quantomeno regionali standardizzati per ogni scuola di specializzazione, con piani formativi accreditati al pari delle reti formative, con una pianificazione delle attività e uso delle moderne tecniche didattiche quali la simulazione o il case reporting; carta SISS (Sistema Informativo Socio Sanitario) ai medici specializzandi, con una firma che li abiliti di anno in anno ad un numero maggiore di procedure secondo lo schema formativo condiviso, per certificare le competenze e il numero di procedure eseguite.
1 esempio di scuola:
- MOZIONE N.0231 CONCERNENTE L’AUTONOMIA RESPONSABILE NELLA GESTIONE DEI MEDICI SPECIALIZZANDI E SANA COMPETIZIONE TRA REGIONI PER ATTRARRE IN LOMBARDIA I MIGLIORI (testo approvato a questo link)
2. EQUIPAGGIAMENTO, FARMACI E TECNOLOGIE SANITARIE
ABSTRACT: FARMACI E KIT DIAGNOSTICI COSTOSISSIMI. IL WELFARE UNIVERSALISTICA SARÀ POSSIBILE SOLO ATTENENDOSI SCRUPOLOSAMENTE ALLE INDICAZIONI DELLE SOCIETÀ SCIENTIFICHE SUI VOLUMI DA EROGARE.
Premessa.
Se e come prenda forma il prezzo di farmaci e tecnologie sanitarie resta sostanzialmente un mistero che necessita di regia dello Stato e trasparenza; non meno importanti sono la regia e la trasparenza dello Stato nella considerazione dei volumi di farmaci e tecnologie sanitarie che vanno rese disponibili
Materiali e metodi.
Ho lavorato su BRCA (Breast Related Cancer Antigens) test e anticorpi monoclonali per curare la dermatite atopica gravissima come esempi di scuola di mala pratica. Non avendo una adeguata legge sulle lobby, lo schema è il seguente: associazione di pazienti finanziata da case farmaceutiche chiede audizione in commissione sanità dove i loro esperti fanno richieste che vengono approvate. Nel caso della dermatite atopica gravissima si chiedeva di estendere al privato convenzionato la possibilità di erogare il farmaco costosissimo che attualmente è prescritto sono in 3 centri pubblici (i pazienti gravissimi sono pochi). Per i casi di lieve e moderata gravità già esiste una cura efficace a basso costo. Pochi e controllati centri permetto di evitare che anche ai pazienti lievi e moderati venga proposta una terapia costosissima non più efficace della attuale.
Risultati.
Manca un ruolo di regia di Regione Lombardia nell’ aver prodotto arbitrariamente un prezzo di rimborso pari a 1,800 Euro per ogni BRCA reflex; nell’aver governato o no il proliferare dei laboratori analisi che forniscono il test (dando conto del numero dei centri negli ultimi anni e le impennate del numero di test effettuati da alcuni di essi mentre i centri di eccellenza hanno continuato a produrre grosso modo lo stesso numero di test); nell’ aver modificato la tipologia di medico proscrittore: per effettuare il test prima era necessaria la prescrizione dell’oncogenetista e su 100 consulenze si facevano 30 test.
Ora la delibera di regione dice che anche l’oncologo può prescrivere il test; nell’aver monitorato quali CGO (Criteri di Gestione Obbligatori) abbiano una detection rate maggiore del 15% (e quindi dimostrino appropriatezza prescrittiva sufficiente per essere considerato di alta qualità), quali offrano un percorso di continuità terapeutica, quali abbiano un adeguato rapporto tra casi indice e familiari e se essi siano per l’assessore i migliori indicatori per valutare l’adeguatezza di hub e spoke. Infine quanti hub e spoke siano ritenuti necessari per la gestione della salute dei cittadini lombardi in una ottica di costo/beneficio.
Conclusioni. Per mantenere in vita un sistema di welfare universalistico a fronte di un aumento di costo di farmaci vaccini e dispositivi sanitari di nuova generazione bisogna ben prima di migliorare i controlli, attenersi scrupolosamente alle indicazioni delle società scientifiche sui volumi da erogare.
- INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN AULA: COSTI E BENEFICI DELLA GESTIONE LOMBARDA NEL PERCORSO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO DELLE MUTAZIONI PATOGENETICHE NEI GENI BRCA 1 E 2. (testo dell’interrogazione a questo link)
ABSTRACT. AFFINCHÉ LEONARDO NON SI RIVOLTI NELLA TOMBA.
2.1 LA FILIERA DELLE TECNOLOGIE COSTOSISSIME: IN POCHI CENTRI, CON EQUIPE PREPARATE E CHE GARANTISCANO UN NUMERO ADEGUATO DI PROCEDURE PER ANNO. IL ROBOT DA VINCI.
Premessa.
Già l’ORDINE DEL GIORNO CONCERNENTE LA STRATEGIA PER LA RIDUZIONE DELLA MORTALITÀ NEONATALE IN LOMBARDIA (pag.5) introduce il tema della razionalizzazione/accorpamento dei reparti in HUB e SPOKE come requisito per strutturare in maniera virtuosa servizi molto costosi e ad alta tecnologia rendendoli disponibili a tutti i cittadini; quel caso attiene al centro regionale neonatal Extra-corporeal membrane oxygenation (ECMO).
Con questo schema si garantisce il diritto dei medici e pazienti all’utilizzo delle tecnologie più costose ed eccellenti senza spese insostenibili, massimizzando l’utilizzo a beneficio di tutta la popolazione. Se una tecnologia costosa è poco usata, tra l’altro, migliora troppo lentamente la esperienza delle equipe. Un altro esempio di scuola è rappresentato dal robot Da Vinci, ma il concetto è valido per la tecnica chirurgica in generale, ad esempio nel rapporto tra “laparotomia” tecnica chirurgica che si esplica attraverso un’incisione lungo la parete addominale e la molto meno invasiva chirurgia laparoscopica, che evita grosse incisioni e complicanze associate. Il robot Da Vinci è usato dai chirurghi per operare in chirurgia urologica (prostata), generale (fegato e pancreas) e ginecologica (tumori). Rispetto alla tecnica classica riduce mortalità, recidive, necessità di trasfusioni complicanze e tempi di degenza, ma maggiori studi sono necessari per aumentare il peso di questa evidenza.
Materiali e metodi.
Il Da Vinci ha un costo medio di acquisto tra 2,2 e 2,8 milioni di euro e i costi di mantenimento da 100,000 euro anno e di consumabili elevati. In Italia ne abbiamo 111; 22 in Lombardia tra pubblico e privato: 65% acquistati in conto capitale, 14% noleggio, restante in varie forme di leasing. A regime può eseguire una media di 3 interventi al giorno. Il volume degli interventi è elemento chiave per il costo beneficio e per la formazione in continuo degli operatori. L’assessore alla sanità lombarda riferisce in aula che l’obiettivo deve essere almeno di 250 interventi anno (meno di 1 al giorno). Nei Criteri rimborso DRG la tecnologia che migliora la performance è pagata come quella più vecchia. Resezione del retto vale uguale se fatta con il robot o aprendo la pancia. Nella prostatectomia robotica invece c’è rimborso maggiore.
Risultati.
I reparti pubblici che hanno il da vinci in Lombardia sono tutti sotto la soglia (già bassa rispetto alla letteratura) stabilita dall’assessore: nel pubblico Como 60 l’anno, Bergamo 100, Pavia 126, Policlinico Milano 120, Brescia 223, Milano Niguarda 317.
L’esempio più virtuoso è nel privato convenzionato presso l’Istituto Oncologico Europeo: 1.000 interventi all’anno, degli oltre 14.000 globali, vengono oggi eseguiti con tecnica robotica, con un tasso di crescita annuale del 25%. In totale, dal 2006 ad oggi, gli interventi robotici sono stati 7.188 (interventi di chirurgia robotica ieo.it). L’attività clinica inoltre è affiancata da costante attività di ricerca, che ha generato 60 pubblicazioni scientifiche a firma IEO. Secondo Agenas, il BEP (break-even point) della cost effectiveness è di 350 interventi/anno per DRG 334 (prostatectomia radicale con complicanze), e almeno 1300 interventi/anno per DRG 335 (prostatectomia radicale senza complicanze).
Conclusioni.
Non tutti i medici hanno diritto al robot: POCHI CENTRI, EQUIPE PREPARATE, NUMERO ADEGUATO DI PROCEDURE PER ANNO. Questo deve essere lo schema che necessita di una regia nazionale e regionale che non esiste. I pazienti hanno diritto ad essere operati con il robot, se sono in mani allenate. Compriamo robot senza sapere di quanti ne necessitiamo e senza sapere quante equipe sono in grado di utilizzarlo appieno.
3. DUE LIVELLI DI GOVERNO: COME INCARDINARE LA RIFORMA SANITARIA DI RAZIONALIZZAZIONE? ATTRAVERSO L’URGENTE RIPRISTINO DELLA LEGALITÀ.
ABSTRACT: IL PIANO SANITARIO NAZIONALE E IL PIANO SOCIOSANITARIO INTEGRATO. URGENTE RIPRISTINO DELLA LEGALITÀ.
Premessa.
La presenza di due livelli di governo (nazionale e regionale) rende necessaria la definizione di un sistema di regole che ne disciplini i rapporti di collaborazione nel rispetto delle specifiche competenze. Ciò al fine di realizzare una gestione della funzione sanitaria pubblica che sia capace di coniugare le istanze dei cittadini in termini di bisogni sanitari ed il rispetto dei vincoli di bilancio programmati in funzione degli obiettivi comunitari discendenti dal Patto di Stabilità e crescita. La normativa nazionale in materia sanitaria (d.lgs. n.502 del 1992 e successive modificazioni) prevede che ogni Regione debba “predisporre e approvare un Piano Sanitario Regionale (PSR) di durata quinquennale, previo confronto con i principali attori sul territorio”; il PSR rappresenta il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in coordinamento con gli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale. Le Regioni e le Province autonome, infatti, trasmettono al Ministero della Salute i relativi schemi o progetti di piani sanitari, allo scopo di acquisire il parere dello stesso per quanto attiene alla coerenza dei medesimi con gli indirizzi del piano sanitario nazionale; trascorso un anno dalla data di entrata in vigore del piano sanitario nazionale senza che la regione abbia adottato il piano sanitario regionale, alla Regione non è consentito (ad esempio) l’accreditamento di nuove strutture;
Materiali e metodi.
L’ultimo piano sanitario nazionale approvato è relativo agli anni 2006 con scadenza 2008; l’ultimo piano sanitario regionale Lombardo è stato approvato nella IX legislatura ed è relativo agli anni 2010 con scadenza 2014; più che invocare gli stati generali della Sanità come luogo di un ragionamento di riforma complessivo della sanità e salute, pare utile ricorrere al ripristino della legalità attraverso uno strumento ordinario previsto per legge. La legge definisce il PSR, sulla base della valutazione epidemiologica territoriale, dei dati del sistema informativo e della rete dei servizi sanitari e sociosanitari regionali, tra gli altri:
- il quadro previsionale dei bisogni della popolazione;
- gli indicatori in base ai quali sono determinati i volumi di attività per ognuno dei livelli essenziali di assistenza;
- gli indicatori di risultato da impiegare per il controllo e la valutazione dell’efficienza, dell’efficacia, della qualità, dell’appropriatezza e dell’economicità delle prestazioni e dei servizi erogati;
- i progetti obiettivo e le azioni da adottare per rispondere a specifiche aree di bisogno;
- le linee di indirizzo del sistema regionale integrato per la prevenzione e la promozione della salute;
- le linee di indirizzo per l’elaborazione di modelli che assicurino alla persona la continuità di cura e di assistenza, l’attivazione di percorsi personalizzati di presa in carico;
- le linee d’indirizzo che garantiscano la semplificazione delle procedure di erogazione delle prestazioni;
- l’identificazione del contenuto delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie ai fini della riconduzione delle stesse alle diverse categorie (acuto, cronico e riabilitativo)
Risultati
In Lombardia come nella grande maggioranza delle regioni, grazie alla illegalità del parlamento che non produce da 13 anni un piano sanitario nazionale, con deliberazioni delle Giunte regionali (Lombardia 23 dicembre 2014, n. 2989, “Regole 2015”), si è prorogato l’attuale piano sociosanitario. Ciò ha permesso alle regioni con le delibere delle regole di decidere la sanità su base annuale. La mozione approvata (dic 2018) impegna la Giunta regionale a predisporre e a sottoporre all’approvazione del Consiglio regionale, con la massima urgenza, il piano sociosanitario integrato lombardo, e invita la Giunta regionale a farsi interprete presso il Governo e il Parlamento della necessità di approvare con la massima urgenza il piano sanitario nazionale.
Conclusioni.
Le delibere delle regole, sono annuali, emergenziali, non trasparenti, non discusse come invece dovrebbe essere il PSR con i sindaci, le società scientifiche, classe medica, associazioni pazienti, cittadini e con passaggi in commissione sanità e consiglio regionale. Le delibere delle regole contengono i piani previsionali di spesa sanitaria, oltre 19 miliardi di euro ogni anno su 25 di budget totale in Lombardia.
Focus delibera delle regole: la non trasparenza determina non accountability.
IQT delibera delle regole.
Una enorme quantità di denaro e di futuro che passa senza visione di lungo periodo, confronto democratico trasparente. Di fatto la delibera delle regole, oltre 19 miliardi anno, non viene mai discussa in aula, se non su iniziativa delle singole forze politiche; in Lombardia nessuno tranne più Europa, come esemplificato in questa interrogazione all’assessore Gallera, in cui ha dovuto ammettere imbarazzato che i conti della sua delibera erano macroscopicamente sbagliati per molti milioni di euro.
1 esempio di scuola:
- MOZIONE N.0028 CONCERNENTE IL PIANO SANITARIO NAZIONALE E IL PIANO SOCIOSANITARIO INTEGRATO (testo approvato a questo link).
ABSTRACT: STRAGE DIRITTO, STRAGE DI LEGALITÀ: INCONGRUENZE ARITMETICHE DI SPESA NEI PRINCIPALI SETTORI DELLA DELIBERAZIONE DI GIUNTA SU 19 MILIARDI DI SPESA SANITARIA LOMBARDA.
Premessa.
Il metodo scelto per governare il sistema sociosanitario della Lombardia è di non applicare le leggi nazionali e regionali che prevedono la presentazione, discussione e votazione di un Piano Sociosanitario Regionale, ma di procedere ogni anno con delibere di Giunta annuali che, in quanto tali, non vengono discusse, emendate e tanto meno approvate dal Consiglio Regionale. La conseguenza più pericolosa di tale metodo è che il sistema decisionale (che prevede il coinvolgimento di operatori, enti, attori di sistema e istituzionali, sindacati, associazioni di cittadini e utenti) viene amputato e ridotto a sole decisioni interne alla Giunta, assunte con modalità intime. Altra conseguenza è la sicurezza dell’assenza di controlli e di proposte integrative se non quelle che la Giunta ritiene di voler autonomamente sollecitare.
Materiali e metodi.
Abbiamo effettuato una analisi della Delibera annuale “delle regole” che vale 19 miliardi (Deliberazione di Giunta n. XI/1046 del 17/12/2018) pari all’80% di tutte le attività regionali), oltre 19 miliardi di euro. La Deliberazione di Giunta n. XI/1046 del 17/12/2018 è un documento di 347 pagine (251 pag. + allegati) diviso in 18 parti (capitoli) relative a settori diversi.
Risultati
Dall’analisi del contenuto emergono in particolare incongruenze (se non errori) a livello di allocazione delle risorse economiche: Le risorse di parte corrente sono 18.929,6 (dichiarate). Segue una prima suddivisione delle risorse in 3 settori e i conti aritmetici non tornano per una differenza di 97,2 milioni:
Tra i 3 capitoli di cui sopra, il Settore Gestione Aziende, da solo, rappresenta una voce di spesa dichiarata pari a totale dichiarato 18.654,5 miliardi di euro. Il totale vero (Ricoveri 7.502,6; Farmaceutica 3.745; Medicina di base 1.394,8; Sociosanitaria 1.751,7; Presa in carico 223,8; Emergenza Urgenza 236; Obiettivi 1.081,5; Attività istituzionali 913,3; Altre attività 1.769,7) ammonta a 18.618,4 miliardi di euro con una differenza di 36.1 milioni.
- All’interno del settore Gestione Aziende vi sono incongruenze per 3 sottosettori: Farmaceutica, Sociosanitaria e Presa incarico.
- Farmaceutica dichiarato 3.745. Tale dato è composto da farmaceutica terr. 3.382 + protesica 377,49. Totale vero 3.759,49. Differenza 14,49 milioni.
- Sociosanitaria dichiarato 1751,7. Tale dato è composto da residenziale 1.688 + hospice 47,7. Totale vero 1.735,7. Differenza 16 milioni.
- Presa in carico dichiarato 223,8. Qui, non c’è differenza apparente tra totale vero e dichiarato, ma non si capisce dove si investano 45 milioni ulteriori in conto capitale, che potrebbero causare una differenza di pari importo.
Conclusioni
L’autoreferenzialità non democratica e illegale dei provvedimenti non porta al rigore che il provvedimento-quadro del settore richiederebbe. Esso è il più oneroso di regione Lombardia ed è stato presentato dall’Assessore alla Sanità brevemente in commissione sanità come un atto di fede, senza che i consiglieri commissari avessero a disposizione il testo quindi senza coinvolgimento, discussione, eventuali emendamenti-proposte e controlli da parte di alcuno. Peraltro, nessuno tranne noi ha mai esercitato il dovere di opposizione sulla legge che da sola vale 19 miliardi su 25. Illegalità-> mancanza trasparenza-> deficit accountability->SINDROME DEL PONTE MORANDI, assenza e IMPORTANZA DEI CONTROLLI.
- INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN AULA: CHIARIMENTI SULLA GESTIONE DEL SERVIZIO SOCIOSANITARIO 2019 IN LOMBARDIA. INCONGRUENZE ARITMETICHE DI SPESA NEI PRINCIPALI SETTORI DELLA DELIBERAZIONE DI GIUNTA N. XI/1046 DEL 17/12/2018. (testo dell’interrogazione a questo link)
3.1 IL SISTEMA DEI CONTROLLI: C’È MA NON SI VEDE E NON È A DISPOSIZIONE DEI CITTADINI. CIÒ IMPEDISCE IL NORMALE CICLO DI PROGETTO: PIANIFICAZIONE, IMPLEMENTAZIONE, VALUTAZIONE CHE PORTI AD UNA NUOVA PIANIFICAZIONE ECT. LE DISUGUAGLIANZE REGIONALI E LE RIFORME NECESSARIE.
A livello internazionale esistono numerosi indicatori e modelli di valutazione dei sistemi sanitari; con diversi criteri forniscono indici numerici al fine di confrontare la situazione nei diversi paesi e in uno stesso paese nel tempo.
A livello nazionale nell’ultimo decennio sono stati messi a punto alcuni indici/sistemi per valutare il sistema sanitario italiano e, al suo interno, qualità ed efficacia dei sistemi sanitari regionali. In genere permettono di valutare le disuguaglianze fra le regioni, anche perché il finanziamento della sanità (Fondo Sanitario Nazionale) è ripartito fra le regioni quasi esclusivamente in base alla popolazione (pesata per età) e dunque non esistono privilegi a livello di finanziamento.
I risultati vengono pubblicati ogni anno anche se è bene ricordare che si riferiscono ad anni precedenti (a volte tre anni prima) e che sono noti più che altro ad un ristretto numero di operatori/studiosi e quasi per nulla agli utenti e cittadini.
Principali sistemi di valutazione dei sistemi sanitari regionali
Indicatore | Ente responsabile | Anno di inizio valutazione | Ultimo anno valutato |
Meridiano Sanità Regionale Index | European House-Ambrosetti | 2015 | 2018 |
Misura di Performance dei Sist. Regionali | CREA – Università Roma | 2013 | 2018 |
Sistema Bersaglio | Scuola Superiore S. Anna di Pisa | 2004 | 2018 |
Misura dei LEA | Ministero Salute | 2012 | 2017 |
I primi due sono abbastanza simili: prendono in considerazione qualche decina di grandezze, le misurano, attribuiscono un punteggio di qualità (da 1 a 10 o da 0 a 1) e sommano i risultati in maniera pesata, secondo alcune aree ritenute importanti (efficacia, qualità, appropriatezza..).
La classifica finale delle regioni vede in testa le regioni del Nord e in ultima posizione quelle del Sud. Fra le prime e le ultime la differenza nel valore degli indici è vistosa, oltre il 40%.
I risultati del Meridiano Sanità Regional Index per il 2018 è relativo alla “capacità di risposta ai bisogni di salute” (a sua volta suddivisibile in capacità di risposta del sistema, efficacia-efficienza-appropriatezza, risorse economiche).
Tra la regione migliore (Emilia-Romagna) e quella peggiore (Calabria) la differenza stimata è del 44%.
Il sistema di valutazione definito dal CREA dell’Università Tor Vergata di Roma, senza entrare nei dettagli, ricorda lo schema del precedente, e si basa sulla misura di un insieme di grandezze parzialmente diverse ma “pesa” i risultati in base all’opinione di un panel formato da esperti e operatori.
Performance dei sistemi sanitari regionali, 2018
In questo caso la differenza tra prima e ultima è del 62%. A parte la collocazione di realtà piccole (Trento e Bolzano) e qualche lieve spostamento dovuto alle diverse grandezze che compongono gli indici e alla diversa scelta dei pesi, la classifica è sostanzialmente confermata nelle sue linee generali e soprattutto è confermato il pessimo risultato di tutte le regioni del Sud.
Il sistema istituzionalmente adottato per misurare la disuguaglianza nella disponibilità dei servizi sanitari sul territorio è la misura dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Essenzialmente i LEA sono i servizi e le prestazioni minime che le regioni hanno l’obbligo di fornire ai cittadini, a fronte del Fondo Sanitario nazionale che ricevono ogni anno
La loro prima definizione risale agli anni ’90 dello scorso anno, recepita (senza modifiche) in un decreto del 2001 e aggiornata nel 2017 (dopo oltre 17 anni di rinvii). La loro misura (cioè il controllo che lo Stato centrale deve effettuare a fronte del finanziamento fornito) “stranamente” è stato deciso solo nel 2005 e messo in pratica nel 2012. In tal modo le regioni, cui spetta la gestione pratica della sanità, sono state libere da controlli per molto tempo. Inoltre, il meccanismo di controllo è stato sino ad ora una farsa per i seguenti motivi:
- il comitato che gestisce il controllo è formato per metà da rappresentanti del soggetto controllato (le regioni): abolire il conflitto di interesse del Comitato LEA, eliminando nella sua composizione i rappresentanti regionali;
- il numero di prestazioni/servizi sottoposto a controllo è basso (32 su molte centinaia): aumentare il numero delle grandezze misurate includendo anche settori legati alla sicurezza degli utenti (infezioni ospedaliere, gestione del rischio clinico);
- la soglia per definire adempiente una regione è stata scelta in modo arbitrario (senza neanche una parola di giustificazione): il punteggio che una regione dovrebbe raggiungere per dimostrare di fornire i LEA è 225 mentre il comitato ha deciso che sono in regola anche le regioni che raggiungono 160 (poi si chiude un occhio anche per 140): assunzione di una soglia di “adempienza” dei LEA sensata e motivata scientificamente (vicino a 200 su 225 punti);
- alle regioni inadempienti non succede nulla (a quelle adempienti si dà un 3% in più di finanziamento): assumere (con modifica legislativa) il mancato rispetto dei LEA in una regione come condizione di Commissariamento della sanità in quella regione (come negli ultimi dieci anni è avvenuto per motivi di deficit sanitario elevato);
- i risultati di questo “controllo” vengono diffusi circa tre anni dopo (cioè sono totalmente inutili per una azione correttiva incisiva): esigere che il calcolo e la pubblicazione del punteggio relativo alla effettiva presenza o meno dei Livelli Essenziali di Assistenza nelle regioni, avvenga entro il mese di gennaio di ogni anno e sia relativo all’anno precedente;
In questo modo dal 2012 praticamente tutte le regioni sono state dichiarate “adempienti”: solo una o due al massimo (impegnandosi a fondo!) sono riuscite a non superare questo controllo/farsa.
Recentemente (marzo 2019) il Ministero della Salute ha finalmente modificato la procedura di verifica dei LEA, mutando alcune delle storture denunciate: le prestazioni misurate salgono a 88, il punteggio di adempienza diventa 100 ma su tre settori (prevenzione, distrettuale, ospedaliera), la soglia di adempienza è 60 ma con un vincolo di settore. Restano invece il conflitto di interesse e l’assenza di qualsiasi giustificazione del valore di soglia (basso) adottato.
Questa nuova metodologia entrerà in vigore dal 1° gennaio 2020 e malgrado i suoi limiti è certamente un miglioramento che va salutato con relativa soddisfazione. Inoltre, il comitato ha deciso di effettuare una simulazione dei nuovi criteri sull’anno 2016: ciò è estremamente interessante perché i risultati di questa simulazione mostrano quanto avesse ragione, chi, come l’Associazione Coscioni, criticava la vecchia metodologia e quanto le disuguaglianze nei servizi e nelle prestazioni sul territorio fossero molto più gravi e marcate di quanto le regioni volessero far intendere.
Mentre infatti la vecchia misura dei LEA per il 2016 dichiarava inadempienti solo due regioni (Campania e Calabria), la nuova misura mostra che le regioni che non rispettano i LEA (e dunque il diritto dei cittadini a usufruire dell’insieme delle prestazioni sanitarie definite Essenziali) sono 12 mentre quelle che li rispettano (pur avendo adottato arbitrariamente una soglia di adempienza di 60 su 100) sono solo 9 (Piemonte, Lombardia, P.A. Trento, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche). Inoltre, sia con il vecchio metodo di misura dei LEA che con il nuovo la differenza tra le regioni migliori e quelle peggiori è notevole. Con il vecchio metodo il punteggio della regione migliore per l’anno 2016 è 209 (Veneto) su un massimo possibile di 225, quello della regione peggiore (Campania) è 124; le percentuali di adempienza variano dal 93% al 55% (Δ%=38).
Con il nuovo metodo per lo stesso anno il calcolo si articola su tre settori e le percentuali di raggiungimento variano per Prevenzione dal 80,92% (Lombardia) al 48,48% (Sicilia), per Distrettuale dal 88,49% (P.A. Trento) al 29,05% (Campania) e per Ospedaliera dal 89,13% (Toscana) al 25,41% (Campania).
I SISTEMI DI CONTROLLO DEI SERVIZI SOCIOSANITARI: L’ESEMPIO DEL SISTEMA BERSAGLIO, SCUOLA NORMALE DI PISA. Mozione +Europa presentata in aula, accolta da Assessore Sanità con parere negativo e dopo il dibattito generale, inviata in commissione sanità. Sin qui l’unico provvedimento tra quelli che ho esposto che l’aula sia stata costretta a non approvare:
- MOZIONE N.0061 TRASPARENZA METODO SCIENTIFICO NELLA VALUTAZIONE DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE: UTILIZZO DEL “SISTEMA BERSAGLIO” COME STRUMENTO DI MONITORAGGIO E PIANIFICAZIONE (testo presentato a questo link).
ABSTRACT. COSTUMER SATISFACTION NELL’ANNO 2019. OLTRE AI SISTEMI DI CONTROLLO, UNA RIFORMA SANITARIA LIBERALE CON RESPONSABILITÀ SOCIALE, DEVE CONSIDERARE LA OPINIONE DEI PAZIENTI IMPORTANTE: COSTUMER SATISFACTION COME STRUMENTO FINANZIARIO PREMIALE O PUNITIVO DEI REPARTI E PER CONTRIBUIRE A DISINNESCARE LA MEDICINA DIFENSIVA. SE PER IL DRG UN’APPENDICECTOMIA VALE 3000 EURO DI RIMBORSO ED IO MI SONO TROVATO BENE, REGIONE RIMBORSA 3100, SE MI SONO TROVATO MALE RIMBORSA 2900.
Premessa.
il DRG, meccanismo di rimborso regionale delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie, non tiene conto in alcun conto il tema della qualità di cura percepita dai pazienti, un aspetto molto importante soprattutto se considerato in maniera complessiva e strutturata; negli ultimi anni si è assistito ad una crescita dei fenomeni di litigiosità e frustrazione da parte degli utenti che ha determinato un aumento delle denunce, spesso immotivate, nei confronti del personale sanitario e che potrebbe essere almeno parzialmente evitata consentendo agli utenti di esprimersi attraverso sistemi di valutazione con conseguenze reali e misurabili e permetterebbe, tra l’altro, ai pazienti che hanno ricevuto buone cure di manifestare in modo ufficiale il proprio apprezzamento.
Materiali e metodi.
Molti reparti adottano già questionari di soddisfazione dell’utente, ma solo per uso interno, in particolare per comprendere come migliorare non solo la qualità delle cure, ma aspetti non secondari come l’accoglienza, la pulizia percepita, la cortesia del personale etc, in assenza però di una strutturazione capillare e sistematica e senza una regia che consenta di utilizzare i dati raccolti come criterio reale e misurabile di valutazione dei servizi offerti;
PCP 2018 – ambito dei livelli di garanzia per l’utente, sono stati inseriti alcuni nuovi ambiti di controllo finalizzati a verificare se le strutture di erogazione garantiscono un buon livello di servizio, dal punto di vista dell’utente ed in particolare si richiama il seguente punto: “Considerare e ricondurre la prospettiva dell’utilizzatore del servizio tra gli strumenti di controllo sull’unità d’offerta rappresenta un elemento di novità. Si tratta di attività di controllo, non ricompresa tra le funzioni tradizionalmente esercitate dai NOC, in particolare: controlli sulla Qualità percepita dall’utente “Customer Satisfaction)”;
Risultati.
Le agenzie regionali di controllo del sistema sociosanitario hanno tra i compiti la verifica della customer satisfaction (l.r. 23/2015) e che nella relazione 2017 alla Commissione consiliare “Sanità e assistenza sociale”, si proponeva con un approccio originale ed innovativo riconoscendo che:
– i sistemi di misurazione della customer satisfaction stanno assumendo a livello internazionale un ruolo sempre più rilevante nel monitoraggio dei servizi sociosanitari;
– ACSS ha analizzato i questionari di customer (oltre 410.000 record – anno 2016), senza considerarli strumenti dalle conseguenze reali e misurabili nei confronti dei “sistemi reparto”, sprecando tempo ed energia.
Conclusioni
L’ODG approvato invita la Giunta regionale a valutare con l’Agenzia di controllo del sistema sociosanitario lombardo, in collaborazione con le ASST e le ATS, l’introduzione di nuovi strumenti di misurazione della customer satisfaction, attraverso la compilazione da parte dell’utente, al momento della dimissione o al termine di un percorso di cura, di un questionario on line inoltrato direttamente alla Direzione generale regionale competente, attraverso il quale la Regione valuterà – secondo criteri definiti in precedenza, che non pregiudichino l’equilibrio finanziario della struttura e che al contempo incentivino gli operatori a migliorare i propri indicatori – il rimborso pieno della prestazione o eventuali decurtazioni o premialità, in misura variabile fino al 5% basate sul livello di soddisfazione dell’utenza, superando l’attuale sistema che prevede un automatismo assoluto tra le prestazioni erogate e il DRG rimborsato, con l’obiettivo di innescare un modello virtuoso che favorisca le strutture che garantiscono un elevato grado di soddisfazione e generando in quelle meno virtuose la necessità di adeguare i propri servizi.”.
ORDINE DEL GIORNO CONCERNENTE L’INTRODUZIONE DEI QUESTIONARI ON LINE PER MISURARE LA SODDISFAZIONE DELL’UTENZA ALLA DIMISSIONE DAGLI OSPEDALI LOMBARDI (testo approvato a questo link). |
4. Fascicolo sanitario elettronico nazionale, software houses e medicina – tempi attesa
4.1 NEOCOLONIALISMO NORD SUD: TURISMO SANITARIO NAZIONALE, la STRATEGIA DEI JOLLY
La modifica della ripartizione di competenze fra Stato e Regioni: autonomia e solidarietà.
Le disuguaglianze regionali, sopra indicate nel paragrafo sul sistema dei controlli, in assenza di regia, hanno determinato risposte comprensibili da parte dei cittadini, e comprensibili ma distorte da parte di molti ospedali privati convenzionati: oggi i più famosi ospedali del nord spendono energie per mandare medici al sud a fare visite. Cercano pazienti da portare al nord.
Giuridicamente la migrazione sanitaria da parte dei cittadini è possibile perché le leggi che regolano il Servizio Sanitario Nazionale prevedono che tale facoltà sia un diritto del cittadino. Nella pratica la causa principale della mobilità sanitaria origina dalla consapevolezza che molti servizi sanitari nella propria regione sono al di sotto della sufficienza e che dunque per tutelare la propria salute sia necessario migrare verso strutture e servizi offerti da altre regioni.
Sono oltre 800mila i cittadini che in Italia ogni anno affrontano questa migrazione sanitaria, per un valore delle sole prestazioni che supera i 4 miliardi euro; per calcolare il costo complessivo di tale fenomeno migratorio andrebbero poi valutati tutti i costi di viaggio e di soggiorno, oltre a quelli altrettanto importanti relativi ai disagi e alle preoccupazioni correlate. Tanti familiari perdono il lavoro per stare vicino ai loro cari.
In tempi di migrazioni per motivi economici o di asilo prevalentemente dai paesi africani (ormai valutabili sotto le 100.000 unità annue) che impiegano barconi o barchini nel Mediterraneo, è misurabile una migrazione numericamente ben maggiore per motivi sanitari dalle regioni del sud del paese a quelle del nord. La differenza è che questi migranti sanitari costituiscono generalmente la parte più informata (in genere più agiata o meno povera della popolazione) e usano altri mezzi (treni, auto, aerei); l’urgenza che li muove è la tutela della salute (e a volte della propria vita).
Normalmente la mobilità sanitaria si misura tramite il valore economico delle prestazioni effettuate in una regione diversa dalla propria; ogni anno il Ministero della Salute produce una tabella in cui emerge per ogni regione il saldo tra mobilità attiva e passiva. Questo valore positivo o negativo (in euro) rappresenta nei fatti da quali regioni si emigra e in quali regioni si sbarca dal punto di vista sanitario.
Esso può ragionevolmente essere assunto come misura indiretta della effettiva presenza/assenza e qualità dei servizi sanitari sul territorio. Certamente di quella percepita.
In Tabella è riportato la misura rilevata sulla mobilità sanitaria per l’anno 2017 (Report Osservatorio GIMBE n.6/2019).
Come si può facilmente osservare le regioni in fondo alle classifiche degli indici visti in precedenza sono caratterizzate da valori dei saldi particolarmente negativi (Calabria, Campania, Sicilia, Puglia..); viceversa quelle che i precedenti indici hanno collocato nelle posizioni migliori presentano mobilità positiva. Anche per questa via, pur indiretta, vengono confermate le forti disuguaglianze territoriali del sistema sanitario italiano. Un esempio finale e concreto delle disuguaglianze e della discrezionalità senza conseguenze è rappresentato dai parti cesarei, che OMS stima necessari per il 15% dei parti; oltre quella soglia, vi è una incidenzam immotivata che pone rischi di salute per la donna e comporta una spesa ingiustificata di circa 80-100 milioni l’anno per il sistema sanitario. Per avere un’idea della grande (e assurda) variazione nel ricorso al parto cesareo per regione è sufficiente osservare la tabella, in cui è possibile notare che ci sono regioni in cui la percentuale di parti cesarei è due o tre volte quella di altre. Parti cesarei per regione, 2016 Fonte: Rapporto Cedap, Ministero Salute, agosto 2019 (www.salute.gov.it/statistiche) La grande disuguaglianza nel ricorso immotivato al parto cesareo emerge anche di più se si va a vedere il numero di parti cesarei per singola struttura. la seguente Tabella elenca le 20 strutture con percentuali (ultima colonna) più basse e più alte di parti cesarei. Le più virtuose presentano percentuali inferiori al 10%, le altre arrivano a superare il 90%. Emerge inoltre che in Campania o è presente una sorta di “epidemia di posizioni podaliche” o il ricorso al parto rimborsato in modo più vantaggioso viene effettuato in maniera scientifica. Parti cesarei per struttura, 2015 |
Riforma.
Domani reparti con i migliori indicatori sono finanziati dallo stato per inviare personale qualificato nei reparti con indicatori negativi ad operare in loco, facendo formazione on the job e gestione clinico-chirurgica dei pazienti, permettendo da subito ai pazienti di curarsi vicino casa.
Intanto personale dei reparti con indicatori negativi si sposta a lavorare nel reparto con ottimi indicatori per migliorare le sue skill, ricevendo formazione on the job e partecipando alla gestione clinico-chirurgica dei pazienti (inservice training). Il programma di scambio di lungo periodo (altrimenti non può funzionare) prevede una progressiva autonomizzazione dei reparti peggiori.
Le disuguaglianze di accesso alla sanità sono dovute principalmente a diversità nella qualità e quantità dei servizi sanitari sul territorio (molto spesso reali, a volte solo percepite). Come conseguenza chi è più informato, più abituato a far valere i propri diritti e ha maggiori capacità economiche per superare gli ostacoli reali (liste di attesa, assenza di alcuni servizi, livello qualitativo inaccettabile…) riesce, tramite percorsi paralleli spesso a pagamento, a usufruire di cure e diagnostica da cui molti altri vengono nei fatti esclusi.
Tale fenomeno, variamente presente nei sistemi sanitari di tutti i paesi anche con modelli organizzativi diversi (assicurativi, obbligatori, volontari, misti..), in Italia è particolarmente intenso.
Tutto ciò non costituisce una “calamità naturale” ma è il frutto di incapacità gestionale pluridecennale e di una cinica scelta (da parte di chi è istituzionalmente deputato a gestire la sanità sul territorio) di anteporre interessi partitici e clientelari locali e interessi economici correlati al mondo sanitario a quelli di salute dei cittadini: l’allocazione delle risorse ancora troppo concentrata sulla spesa ospedaliera dipende anche dal fatto che i reparti sono luoghi in cui la concentrazione fisica di spesa e personale favorisce meccanismi di controllo e di consenso elettorale.
4.2 TEMPI DI ATTESA, FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO NAZIONALE E CARTELLA CLINICA ELETTRONICA IN LOMBARDIA E IN ITALIA.
L’analisi delle 169 pagine del rapporto Polis Lombardia “Tempi di attesa per le prestazioni ambulatoriali in Lombardia” presentato in commissione sanità di regione Lombardia e i provvedimenti che sapremo prendere in Consiglio Regionale, impatteranno sulla qualità di vita dei cittadini e pongono ineludibile la domanda “se l’ospedale è un azienda, come le aziende ospedaliere in competizione tra loro possano collaborare per il bene comune?” La risposta è affidata al governo della politica sanitaria. L’obiettivo specifico di una riforma delle liste di attesa che sia friendly ed immediatamente apprezzato dai cittadini è quello di creare un metodo per cui tutti i pazienti escano dalla struttura sanitaria (medico di famiglia, ambulatorio specialistico o in dimissione da un ricovero) con l’appuntamento già fissato (data, ora giorno e luogo).
Oggi il doppio passaggio (prescrizione del medico e poi prenotazione lasciata nelle mani del paziente) determina problemi in sede di prenotazione, spingendo inevitabilmente verso la libera professione. Gli ospedali diventati aziende competono tra loro e solo la politica regionale può, nell’interesse dei pazienti, unificare il sistema. Il Centro Unificato di Prenotazione (CUP) unificato resta un miraggio: gli ospedali usano sistemi operativi diversi tra loro; nessuna azienda fornisce al Call Center Regionale (CCR) tutte le agende di prenotazione, mantenendo propri canali di prenotazione, soprattutto per le prestazioni più remunerate; le risorse non sono integrate: nessun operatore ha visione di tutta l’offerta. Addirittura, ospedali fusi in una unica azienda dal 2016 (San Paolo e San Carlo di Milano) non hanno ad oggi un CUP unificato; il CUP al servizio del cittadino deve avere il database di tutte le agende regionali ed essere in grado di proporre: la prima data utile anche lontano da casa, la prima data utile nel luogo dove il paziente è già seguito e la prima data utile nel luogo gradito al paziente. Ciò determina equità di accesso, universalità nell’applicazione delle norme, trasparenza nell’accesso ai servizi.
Il CUP non è in grado di controllare le prenotazioni multiple, il fenomeno delle “agende ombra”. Alla luce di queste difficoltà della Regione a governare i fenomeni, di cui le liste di attesa sono un importante indicatore, desta preoccupazione la nuova normativa sulla gestione separata del paziente cronico. Infatti, secondo i criteri di inclusione prescelti riguarderebbe addirittura 3,5 milioni di cittadini lombardi (la nostra valutazione è che i criteri di definizione del cronico di regione siano sbagliati), mole che comporta una ulteriore frammentazione delle agende di prenotazione e che potrebbe avere un impatto negativo sui tempi di attesa, ad esempio dei non cronici. Regione Lombardia deve incidere sulla messa a regime del sistema favorendo l’interesse dei cittadini con la creazione di meccanismi di premialità o penalità per le aziende che mettono o non mettono a disposizione le loro agende elettroniche, prevedendo l’obbligo di adeguamento a pena della revoca della convenzione con il sistema sanitario nazionale e che nella valutazione dei Direttori Generali si tenga in considerazione la gestione delle liste di attesa. In quest’ottica è utile modificare la normativa in materia di attività intramoenia, prevedendo quanto meno che essa sia possibile solo nel caso in cui liste e tempi di attesa siano inferiori a valori numerici dichiarati, pubblicizzati e accessibili a tutti. Inoltre, la legge attribuisce ai Sindaci il diritto/dovere di intervento in materia sanitaria con proprie Ordinanze. Nei casi di disuguaglianze gravi nell’accessibilità ai servizi (ad esempio tempi di attesa inaccettabili) i Sindaci possono emettere Ordinanze urgenti nei confronti delle Aziende e dei responsabili sanitari, obbligandoli a fornire subito i servizi a persone che ne hanno urgente necessità.
Le regioni, ma meglio ancora il ministero, con bando per software houses, deve dotare gratuitamente tutte le aziende ospedaliere, a sue spese, dello stesso software di prenotazione; chi rifiutasse perde la convenzione.
In questo modo il Ministero, tra le altre cose, diviene proprietario dei big data sanitari di tutta la popolazione italiana. Lo stesso tipo di riforma, con regia nazionale attiene allo sviluppo di un Fascicolo Sanitario elettronico nazionale e cartella clinica elettronica ospedaliera, la quale deve essere uguale per ogni reparto dello stesso tipo ed in cui è essenziale il contributo della società scientifica di riferimento per quella specialità.
5. Sanità e sviluppo economico: Il turismo sanitario internazionale e la produzione di cannabis come farmaco.
TURISMO SANITARIO INTERNAZIONALE COME STRUMENTO DI SVILUPPO ECONOMICO ITALIANO: IL PETROLIERE EGIZIANO A PAGAMENTO, L’AGRICOLTORE DEL MALAWI LO AIUTIAMO DAVVERO A CASA SUA.
ABSTRACT: COMMERCIO ESTERO DI PRESTAZIONI SANITARIE COME SVILUPPO ECONOMICO DEL PAESE. Curarsi in Lombardia quantomeno come a Dubai:
L’ODG +Europa Contrasto al turismo sanitario internazionale, approvato in Lombardia e l’ODG non approvato Promozione del servizio sociosanitario lombardo da parte di Assolombarda, servono a chiarire 3 ambiti:
- trasportare e accogliere negli ospedali singoli casi medici gravi, provenienti da paesi in via di sviluppo, per interventi ad alto costo economico, come viaggi della speranza, senza sapere per esempio se le strutture in loco siano in grado di gestirne il follow up è: non cost-effective, non cooperazione allo sviluppo, viene usato come strumento di politica estera e deve rientrare in un ragionamento sul sistema di risorse economiche che non sono infinite. Vanno aboliti.
- chi è malato e ricco può venire a farsi curare in Italia a pagamento ed è fonte di sviluppo economico per il nostro sistema sanitario. La promozione del servizio sociosanitario, (pubblico e privato), per venire a farsi curare in Italia a pagamento viene fatta da professionisti del settore (Assolombarda- Ist comm estero) e coinvolge le Aziende Ospedaliere che si dotino di alcune caratteristiche (equipe di lingua, pacchetti modulari, ecc..)
- chi è malato e povero deve essere curato a casa sua e la cooperazione allo sviluppo deve essere gestita in maniera professionale facendo scelte. O decidiamo che è un asset strategico per l’Italia o continueremo con una elemosina a pochi spiccioli e dilettantesca come è ora per lo più la cooperazione italiana governativa e non:
- Di metodo: creare strutture sanitarie + collaborazione nel clinical management + formazione in loco (modello EMERGENCY).
- Di temi: approvato ORDINE DEL GIORNO CONCERNENTE LE INIZIATIVE PER CONTENERE LA “BOMBA DEMOGRAFICA” NEI PAESI A LIMITATE RISORSE E AD ALTA FERTILITÀ.
E’ bene tenere separato ciò che è intervento umanitario da ciò che è turismo sanitario internazionale, entrambi necessari, leciti, ma ben diversi.
- ORDINE DEL GIORNO N.0026 – PROGRAMMA REGIONALE DI SVILUPPO PER LA XI LEGISLATURA: CONTRASTO AL TURISMO SANITARIO INTERNAZIONALE (testo approvato a questo link).
- ORDINE DEL GIORNO N.0128 – TESTO UNICO DELLE LEGGI REGIONALI IN MATERIA DI SANITÀ: ATTRIBUZIONE AL CLUSTER LOMBARDO SCIENZE DELLA VITA DELLE FUNZIONI DI PROMOZIONE DEL SERVIZIO SOCIOSANITARIO LOMBARDO (testo presentato a questo link).
- ORDINE DEL GIORNO CONCERNENTE LE INIZIATIVE PER CONTENERE LA “BOMBA DEMOGRAFICA” NEI PAESI A LIMITATE RISORSE E AD ALTA FERTILITÀ (testo approvato a questo link).
SANITÀ E SVILUPPO ECONOMICO.
MOZIONE N. 115 – INIZIATIVE PER LA PIENA ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI DERIVATI DELLA CANNABIS A USO MEDICO (testo approvato a questo link).
ALLEGATI
- MOZIONE N.0139 – INIZIATIVE FINANZIARIE PER LA REALIZZAZIONE E LA GESTIONE DI CENTRI DEDICATI ALLA TUTELA DELLA SALUTE SESSUALE “CHECKPOINT” (testo approvato a questo link);
- ORDINE DEL GIORNO N.0334 – BILANCIO DI PREVISIONE 2019-2021: MANTENIMENTO DEL SERVIZIO DI GUARDIA MEDICA ALL’INTERNO DI TUTTE LE CARCERI DELLA LOMBARDIA (testo approvato a questo link);
- ORDINE DEL GIORNO N.0287 – BILANCIO DI PREVISIONE 2019-2021: IMPLEMENTAZIONE DEI SERVIZI TRATTAMENTALI DI SALUTE MENTALE ALL’INTERNO DELLE CARCERI LOMBARDE TRAMITE IL POTENZIAMENTO DEI CENTRI SOCIO-RIABILITATIVI DIURNI PRESSO LE CASE CIRCONDARIALI DI MILANO “SAN VITTORE” E MONZA E LA CASA DI RECLUSIONE DI VIGEVANO (testo approvato a questo link);
- ORDINE DEL GIORNO N.0074 – ASSESTAMENTO AL BILANCIO 2018-2020: ACCESSO AL FASCICOLO SANITARIO ELETTRONICO PER I CITTADINI RISTRETTI NELLE STRUTTURE PENITENZIARIE DEL TERRITORIO REGIONALE (testo approvato a questo link);
- ORDINE DEL GIORNO N.0288 – BILANCIO DI PREVISIONE 2019-2021: IMPLEMENTAZIONE DEL TRATTAMENTO DELLE TOSSICODIPENDENZE IN CARCERE TRAMITE IL POTENZIAMENTO DEL SERD (testo presentato a questo link);
- ORDINE DEL GIORNO N.0364 – ATTIVITÀ CIMITERIALI (L.R. 33/2009): IMPLEMENTAZIONE DI RISORSE A DISPOSIZIONE DEGLI ENTI PER IL CONTROLLO DEL RISPETTO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI ATTIVITÀ E SERVIZI NECROSCOPICI, FUNEBRI E CIMITERIALI (testo approvato a questo link);
- ORDINE DEL GIORNO N. 624 – ASSESTAMENTO AL BILANCIO 2019-2021: INIZIATIVE PER LA PIENA ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI RIDUZIONE DEL DANNO (testo presentato a questo link);
INFINE, LA MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE: NOMINE IN SANITÀ: DIRETTORI, PRIMARI, AUTORITY.
Qui serve un dibattito pubblico nazionale su COME FARE.
Modificare l’attuale normativa in materia di nomina dei Direttori Generali, togliendo ai partiti la possibilità di nominare persone “contigue e ubbidienti” ma lasciando alla politica il dovere di effettuare scelte generali di sviluppo in materia di salute e di programmazione sanitaria.
Rendere quantitativi e pubblici gli obiettivi dei DG e dei maggiori dirigenti sanitari e utilizzarli per la loro conferma o meno e per la definizione del compenso
DG e dei maggiori dirigenti sanitari scelti in funzione degli obiettivi di miglioramento (di gestione e di salute) di quella azienda sanitaria: se quella azienda ha lunghe liste d’attesa di incaricherà un DG che in passato le ha abbattute altrove. Se in quel reparto gli indicatori sulla procedura “trapianto di cuore” non sono adeguati si incaricherà un primario con grande esperienza nel trapianto di cuore.